venerdì 16 giugno 2017

Evita Peron i misteri


l mistero di Evita Peron: è sepolta a Dalmine?

Sono tasselli di un imponente mosaico internazionale quelli che Aldo Villagrossi sta cercando di rievocare per fare luce sul destino delle spoglie di Evita Peron, insieme donna simbolo e mistero del Novecento. La tesi che lo spinge a scavare? La forte convinzione che sia sepolta a Sforzatica; una convinzione che scaturisce nel 2008 quando, durante un pranzo in famiglia il giorno di Natale, Villagrossi assiste a un documentario sulla celebre eroina sudamericana, sepolta al cimitero monumentale di Milano sotto il falso nome di Maria Maggi vedova De Magistris. Un nome, quest’ultimo, che lo riallaccia a una fetta della sua infanzia, che lui ricorda senza esitazioni: «Nel 1973 mio padre aveva iniziato a lavorare per gli stabilimenti della Dalmine come collaboratore esterno, noi famigliari ci trasferimmo sul posto con lui. Fu in quell’occasione che conobbe un ingegnere argentino, che gli chiese di accompagnarlo al cimitero abbandonato di Sforzatica. Passarono la giornata a cercare tra i rovi la lapide di una donna – l’ingegnere spiegò a mio padre – morta in Argentina».

Il cimitero di Sforzatica.

Da quel momento, tra la famiglia Villagrossi e l’ingegnere nasce un legame particolare, suggellato da una tradizione che si trasforma in un’abitudine: recarsi al cimitero di Sforzatica, e raccogliersi davanti alla lapide di quella donna identificata sotto il nome di Maria Maggi. Nel luglio del ’74, poi, accade qualcosa: «L’ingegnere ci telefonò, dicendoci di dover rientrare urgentemente al suo Paese. Lasciò a casa nostra diversi effetti, ma non tornò mai più. Scoprimmo in seguito che i recapiti che ci aveva dato erano falsi, e accantonammo la vicenda, insieme a quella lapide».
Le cose cambiano per via di quel documentario risalente ormai a 9 anni fa, che riaccende in Villagrossi le sfumature di una vicenda piena di ombre: «Dopo aver sentito quel nome in televisione ho deciso di chiamare l’anagrafe di Dalmine, per chiedere conferma sulla nascita di una certa Maria Maggi». La risposta è negativa, ma Aldo non è l’unico ad aver posto la questione: «Quando nel ’71 il cadavere di Evita fu riesumato a Milano e portato in Spagna, i giornalisti si recarono a Dalmine in gran fretta per chiedere informazioni più precise, perché Maria Maggi risultava come nativa dalminese. Anche allora si sentirono dire che non era mai esistita. Attualmente, invece, i registri sono diventati disponibili su piattaforme online e di Maria Maggi ne risultano ben due».

Evita Peron salutata dai descamisados.

Villagrossi sta facendo di tutto per risolvere l’enigma: «Venerdì scorso abbiamo fatto un piccolo foro e con una telecamera inserita al suo interno abbiamo osservato un vano poco distante da una lapide. Ora il cimitero è sotto sorveglianza, e per scoprire di chi sia la lapide bisognerà estrarla. Forse la vicenda potrebbe concludersi con l’autunno. Io non ho la certezza assoluta – aggiunge Aldo con serenità – ma so che su quella lapide, molto probabilmente, ci sarà scritto Maria Maggi vedova De Magistris. Scoprirlo rappresenta l’ultimo tassello mancante».
L’ultimo tassello di un dossier su cui indaga da anni, districandosi tra la complessità di un passato che mostra volti sempre un po’ diversi e lo scetticismo delle istituzioni italiane con cui ha fatto i conti: «So che si parla di me a Buenos Aires, mentre in Italia nessuno mi ha preso in considerazione, ad eccezione di qualche giornalista locale, di qualche collaboratore del Fatto Quotidiano, o di Giangavino Sulas. Ma tra i giornalisti è difficile che qualcuno abbia compreso l’importanza della cosa. Del resto, anche per me si tratta della vicenda più difficile che mi sia mai capitata di trattare nella vita».

Ai funerali di Evita Peron a Buenos Aires parteciparono 3 milioni di persone.

Complice un intreccio ai limiti del verosimile, nutrito da una fitta rete di misteri dove trovano spazio e si mescolano evoluzioni politiche argentine e realtà ecclesiastiche italiane. Il presidente argentino Peron, nel 1955, viene infatti deposto per mano dei militari, sullo sfondo di un Paese travolto dalla crisi. È così che il corpo di Evita si traduce per il nuovo regime instaurato un pericoloso strascico di ciò che era stata la passione peronista. I servizi segreti hanno il compito di farne sparire le spoglie che, con l’aiuto di ambienti ecclesiali, giungono in Italia. Agostino Rocca, fondatore della Tenaris, si assume il trasporto di due tra le diverse salme ricreate per confondere i peronisti. La vera Evita Peron è portata a Dalmine, la “falsa copia” finisce invece Milano, al Musocco, sempre sotto il falso nome di Maria Maggi vedova De Magistris.
«La figura di Evita Peron era ambitissima, soprattutto da chi desiderava prendere il potere in Argentina. Cercavano il cadavere senza sapere dove fosse, poi la presunta salma originale viene fatta rientrare in Argentina nel ’75, dopo la morte di Peron. Il medico che fa l’autopsia si fa scattare alcune foto durante il procedimento, ma lo stesso medico affermerà diversi anni dopo che quella era solo una copia». Sull’intricato mistero che riallaccia il terreno dalminese all’interesse del mondo, Villagrossi ha scritto un libro, Le false verità, dove la matassa viene sciolta con dovizia di particolare. E chissà che non manchino davvero poche settimane, per scrivere un nuovo e inaspettato epilogo alla storia del Novecento.

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